Le Interviste: Paolo Laconi - Pittore
Per questa nuova intervista, mi trovo al numero 18 della piazza Michelangelo a Cagliari, all'interno dello
studio d’arte di Paolo Laconi.
In questo ambiente di lavoro, tranquillo e
luminoso, prendono vita le scene e i personaggi caratteristici della sua pittura, ma è anche uno
spazio espositivo nel quale è possibile ammirare, in un sol colpo d’occhio,
un’ampia rassegna delle sue opere.
R: Sin da
giovanissimo avevo una propensione per il disegno. A tempo perso mi piaceva buttare
giù degli schizzi, ma per quanto fossi un bravo disegnatore, mai avrei pensato
che sarebbe andata a finire così.
La passione vera e propria, quella che mi ha permesso
di iniziare ad esporre, nasce molto più avanti, circa 25 anni fa. Alcune
persone che vedevano in me delle potenzialità in campo artistico mi spinsero a prendere
parte a qualche concorso, giusto per riuscire a ottenere un po’ di visibilità.
Il primo concorso a cui ho partecipato è stato nel
1993 a Quartucciu, all’epoca dipingevo a olio, i miei soggetti preferiti erano paesaggi,
scorci di Cagliari, marine, ecc…un classico realista.
Successivamente abbandonai la pittura a olio per
dedicarmi all’acquerello, una tecnica non semplice per molti e nella quale, al
contrario, io mi trovai subito a mio
agio, e per molti anni la utilizzai con grande passione. I primi approcci con
l’acquerello confermarono che c’era una base solida sulla quale proseguire e
che si trattava soltanto di lavorare con entusiasmo e tenacia per migliorare la
tecnica.
Grazie alle tante estemporanee fatte in lungo e in largo per tutta la
Sardegna, ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare tanti pittori
veramente bravi: è stata un’esperienza molto importante, la scuola migliore per
imparare a dipingere.
Un acquerello di Paolo Laconi del periodo realista |
In quel periodo ero come un fiume in piena e ho
realizzato veramente tanti dipinti, sempre nel realismo puro e ispirati alla
nostra terra.
Alla la fine degli anni 90 ho scoperto l’acrilico,
una tecnica pittorica che mi è risultata immediata e spontanea, anche grazie ai
tanti anni di pratica fatta con l’acquerello.
D: Poi
c’è stata un’evoluzione che ti ha portato in tutt’altra direzione, un non
facile cambio di rotta attraverso il quale hai trovato uno stile personale che
oggi contraddistingue in maniera molto netta ogni tua opera. Raccontaci come è
avvenuto.
R: Come
dicevo prima, avevo realizzato davvero tantissimi quadri, che a volte regalavo
e sporadicamente vendicchiavo, ma nonostante l’apprezzamento dimostrato sentivo
la necessità di uscire dagli schemi classici, di trovare qualcosa che potesse
caratterizzarmi. E’ iniziato così un periodo di ricerca, sfociato in una nuova
veste identitaria: in occasione di un carnevale a Mamoiada ero rimasto affascinato
dalle maschere dei mamuthones e questo mi ha fornito lo spunto per dare vita a un
mondo fantasioso e ironico attraverso il quale rappresentare la realtà isolana,
un formula che oltre ad essere assolutamente personale fosse anche in grado di
divertirmi e divertire. I primi quadri che ho realizzato erano dipinti su carta
stropicciata, con un disegno di foggia cubana, incas; da queste prime prove è
nato lo stile che mi contraddistingue e con il quale dipingo ancora oggi.
D: Quindi,
nonostante il cambio d’impostazione, la Sardegna è rimasta la principale fonte
d’ispirazione?
R: Si, i
temi che vengono toccati di più sono legati alla nostra terra e la sua gente,
attraverso le scene di vita quotidiana e di festa che si svolgono nei paesi e
nelle campagne, nella città di Cagliari e nella sua spiaggia del Poetto.
Ultimamente mi è capitato di deviare ogni tanto dal contesto sardo, come nel caso dei quadri presentati in occasione di una mostra a Londra che si è tenuta nel giugno 2011 e realizzati in omaggio all’Inghilterra, con i Beatles, William e Kate e in altre rappresentazioni.
Ultimamente mi è capitato di deviare ogni tanto dal contesto sardo, come nel caso dei quadri presentati in occasione di una mostra a Londra che si è tenuta nel giugno 2011 e realizzati in omaggio all’Inghilterra, con i Beatles, William e Kate e in altre rappresentazioni.
Ma a volte mi sento frenato, vuoi per il grande attaccamento
che ho per la nostra terra, vuoi per l’apprezzamento che le persone dimostrano sulle
tematiche che appartengono alla sua cultura e alle tradizioni.
D: In ogni tuo dipinto sono presenti la pavoncella e il sole, ai quali si aggiunge la luna nelle scene serali o notturne, che significato hanno?
R: Ho
voluto inserire due icone che richiamano la Sardegna: la pavoncella classica dell’artigianato
come simbolo della nostra arte e il sole
che rappresenta il nostro splendido clima. Da qualche tempo compare anche la
luna, ispiratrice di sentimenti poetici, ma non mancano altri simbolismi che diventano
parte integrante della scena stessa e del suo contesto fantasioso.
D: Dici
qualche cosa in più su questa rappresentazione fantastica.
R: Nel
proporre questa mia visione, l’idea era quella di ricreare un mondo fantastico dove
si vive in armonia in allegria, una normale quotidianità fatta di gesti
semplici, di lavoro, ma anche di festa, senza conflittualità, scontri o guerre,
come utopisticamente ho sempre sognato e desiderato. Se fosse davvero così
sarebbe bellissimo!
Il coinvolgimento, mentre dipingo, è così forte che spesso
e volentieri è come se entrassi a far parte della scena stessa. Qualche
volta poi, inserisco in mezzo agli altri personaggi una mia caricatura con tanto
di baffi e pizzetto: sento il desiderio di far parte di ciò che rappresento, di
esserne protagonista e viverlo appieno.
D: La
raffigurazione di ogni viso, maschile o femminile, adulti o bambini, presenta i
tratti tipici delle maschere tradizionali dei mamuthones. Parlaci di questa
scelta così particolare.
R: Il
motivo è stato quello di rappresentare i tratti somatici della razza sarda,
visi scavati, tratti spigolosi e sofferenti, consumati dalla fatica del lavoro;
voglio rappresentare il sardo come un uomo che lavora e soffre, che cerca di interiorizzare
le difficoltà e le fatiche della vita. Ma nonostante la somiglianza con le
maschere dei mamuthones, nei volti dei miei personaggi non ci sono espressioni
arrabbiate - non mi piace lo stereotipo dei sardi sempre incazzati - io li
immagino tranquilli, che affrontano la vita serenamente, a contatto con le altre
persone, in armonia, accoglienti e ospitali.
D: A un’apparente
omologazione dei visi si contrappone una marcata caratterizzazione ottenuta
grazie alla dovizia dei dettagli e la divertente originalità di alcuni particolari.
R: Spesso
mi è stato detto che i miei dipinti “vanno letti”, per scoprire i particolari
che a un primo esame sfuggono, ma guardando con maggiore attenzione si trova sempre
qualcosa di insolito e simpatico: a qualcuno esce il fazzoletto dalla tasca; un personaggio
getta la lenza per pescare direttamente dalla finestra di casa; il sole o la
luna osservano le persone in strada dalla finestra di una casa; la barca
dei pescatori incagliata tra i massi affioranti; poi ci sono le scritte come “BAR-BAGIA”,
insomma c’è sempre una marcata dose di ironia anche nei piccoli elementi che contraddistinguono
e completano il quadro.
D: Parlando
della tua pittura si fa spesso riferimento a una visione fantastica , ma quanto
c’è di fantasia e quanto di vita reale nei tuoi quadri?
R: Ho
fatto delle mostre che sono state intitolate “Tra Sogno e Realtà”, proprio
perché nei miei quadri si mescolano la realtà e il sogno. Gioco sempre tra queste
due componenti, cercando un equilibrio sia dal punto di vista concettuale, sia
della realizzazione, attraverso la rappresentazione della realtà in chiave
ironica.
D: Colore,
vivacità, tradizioni, allegria, ironia, sogno: che riscontro hai da parte delle
persone, cosa le colpisce maggiormente e apprezzano di più dei tuoi quadri?
R: I
colori intensi e vivaci e la rappresentazione dei personaggi sono gli elementi
che vengono notati per primi, ma ciò che veramente li colpisce maggiormente è
l’allegria che i miei quadri riescono a trasmettere. Forse per questo capita sovente che le persone vengano in studio e siano in difficoltà sulla scelta del dipinto da prendere. Rimangono ore nell’indecisione e qualche volta risolvono la questione chiedendomi un quadro personalizzato, dove compaiono loro stessi o la persona alla quale lo devono regalare.
Un’altra motivazione di scelta è quella legata alle
tradizioni o a un luogo che amano particolarmente, come nel caso delle scene
ambientate nella spiaggia del Poetto.
D: Quando
ho visto per la prima volta i tuoi quadri non sono stato in grado di collocarli
in una precisa corrente pittorica, ma tu a quale ti senti di appartenere?
R: E’
certamente un mix, ma la definizione che condivido maggiormente è quella data
dal docente di sociologia Gianni Simeone, che pur confermando la difficoltà di
incanalare la mia pittura in una corrente precisa, ha coniato il termine di:
“Espressionismo surreale sardo”.
D: Con
riferimento alle opere recenti, alcune sono state realizzate con gli acrilici,
altre con gli acquerelli, e a volte vengono inseriti degli elementi materici,
quale è la tecnica che preferisci utilizzare e che ti da maggiori
soddisfazioni?
R: La
maggior parte dei dipinti attuali sono realizzati con i colori acrilici su un
fondo materico di stucco e colla steso su tavole o tele, questa soluzione da la
percezione che la scena sia dipinta sull’intonaco di un muro, tanto che
qualcuno li ha definiti: “i murales tascabili di Paolo Laconi”. Questo modo di
dipingere richiede un lavoro certosino,
anche perché i dipinti sono ricchi di particolari, però a fine lavoro ti rendi
conto che il quadro ha un forte impatto cromatico e anche formale.
Dato però che sono un appassionato acquarellista e l’acquerello
con i suoi colori freschi e luminosi mi manca molto, ho realizzato diverse
opere attraverso questa tecnica. Sicuramente proseguirò ad utilizzarla di tanto
in tanto, perché mi piace particolarmente e ho scoperto che ci sono degli
estimatori che l’apprezzano tanto quanto me.
Parlando poi della realizzazione dei miei quadri,
voglio sottolineare il fatto che c’è una particolare attenzione nello sviluppo
di ombre e luci, un processo finalizzato a cercare di rendere il dipinto
tridimensionale, tanto che a primo impatto molte persona pensano che si tratti
di un collage. Il lavoro sulle ombre consente di dare profondità alla scena, i personaggi
sembrano sculture applicate sulla tela, una sensazione di profondità ottenuta grazie all’uso di sfumature
e gradazioni di colore progressivamente
più tenui.
D: Quali
difficoltà si trova ad affrontare una persona che scopre di avere del talento
artistico e vuole provare a percorrere questa strada?
R: Io
penso che la vera difficoltà per un artista che sta nascendo adesso è quella di
trovare la propria identità, di caratterizzarsi; oramai hanno fatto di tutto e
di più ed è sempre più complicato affermarsi se non si trova una propria
dimensione capace di colpire e catturare la curiosità delle persone.
Purtroppo, come in altri campi, la meritocrazia non
esiste e il fatto di essere in un’isola ha da sempre posto grossi problemi di
visibilità. Sicuramente è importante fare più mostre possibili, soprattutto nel
periodo estivo quando ci sono i turisti e utilizzare al meglio i tanti mezzi di
diffusione che oggi sono disponibili per riuscire a far uscire le proprie
immagini dal contesto locale.
Per quanto mi riguarda preferisco che la mia pittura
non sia troppo commerciale, che rimanga un’arte di nicchia non troppo
consumistica, che la mia arte sia per
chi ama l’arte.
D: Iniziative
e impegni per il 2016?
R: Ci sono in
ballo alcune iniziative interessanti, ma ancora da definire …. per scaramanzia
preferirei attendere le conferme prima
di pronunciarmi.
Il quadro sulla raccolta dell'uva utilizzato come etichetta su una marca rinomata di vini |
Lo splendido calendario 2016 realizzato con le immagini dei quadri di Paolo Laconi |
Grazie Paolo, l'intervista termina qui, ma resto in attesa di una conferma sulle iniziative che vedranno la luce nei prossimi mesi, così da poterne rendere partecipi i lettori della pagina facebook di "The Creative Art".